JAES Learning

SCOPRI IL NOSTRO CANALE YOUTUBE
Jaes Sponsor - Basket



Come funziona il transistor

I TRANSISTORS sono dispositivi a semiconduttore largamente impiegati sia nell’elettronica analogica che digitale.
Essi sono la base della moderna elettronica e sono essenziali per il controllo di moltissimi circuiti o interi processori.
Al centro di un pc, infatti, si trova la CPU, ovvero l’unità di elaborazione centrale. Solo questo elemento è costituito da circa 5 milioni di transistors.
Un transistor dunque è un componente elettronico molto piccolo onnipresente in ambito informatico.

JAES nel suo catalogo offre un’ampia scelta di transistor dei maggiori produttori.

Ma che cos’è un transistor? E a che cosa serve?

Un transistor può operare in logica digitale, come banale interruttore, oppure può essere utilizzato in ambito analogico per amplificare un segnale debole in ingresso in un segnale più forte in uscita.

In questo video ci concentreremo sul funzionamento del transistor a giunzione bipolare, che come potete notare, è dotato di 3 terminali, ovvero: l’EMETTITORE, il COLLETTORE e la BASE.

Esistono due tipologie di transistor bipolare: I PNP e gli NPN. Tale differenza non soltanto richiede di usare polarità opposte per i tre elettrodi (collettore, base ed emettitore), ma consente di ottenere un funzionamento simmetrico, molto utile in tanti circuiti.

Come nel caso del diodo, anche il transistor può essere composto dal silicio, ovvero un materiale semiconduttore.
Se ingrandiamo il reticolo cristallino notiamo che ogni atomo di silicio è legato con altri 4 atomi vicini di silicio.

Nel suo guscio esterno, il silicio presenta 4 elettroni, i cosiddetti elettroni di valenza.
Ognuno di questi elettroni può essere condiviso con un atomo adiacente creando così il noto LEGAME COVALENTE.
Gli atomi effettuano questo legame per rendere il più possibile stabile la loro configurazione elettronica e ottenere dunque uno stato elettronico a minor livello energetico.

Al momento gli atomi si trovano nel loro guscio di valenza.
Nel caso in cui il silicio debba condurre elettricità, gli elettroni assorbiranno parte dell’energia per contrastare il legame covalente e diventare così elettroni liberi.
In questa situazione però il silicio puro avrà una bassa conducibilità elettrica.

Per questo motivo entra in gioco una tecnica chiamata drogaggio.
Avevamo già sentito parlare di questa tecnica nel nostro precedente video sul funzionamento del diodo, quando spiegavamo che per modificare le proprietà elettroniche del silicio venivano aggiunte all’interno del suo reticolo cristallino delle piccole quantità di atomi. I cosiddetti atomi donatori, che cedono i propri elettroni al silicio.

In tal caso supponiamo che nel reticolo di silicio in questione venga inserito un atomo di fosforo.
A differenza del silicio l’atomo di fosforo presenta 5 elettroni nel suo guscio esterno. Un elettrone dunque non sarà interessato al legame covalente e potrà essere libero di muoversi all’interno del reticolo. Questo è noto come drogaggio di tipo N.

Nel caso contrario, se all’interno del reticolo del silicio viene inserito un atomo di Boro che presenta solamente 3 elettroni di valenza nel suo guscio, si creerà uno spazio libero per un elettrone dovuto all’assenza di un legame covalente, questo spazio è conosciuto come lacuna e gli elettroni vicini potranno riempire questi spazi in qualunque momento.

Questo è noto come drogaggio di tipo P. Drogando in questo modo una sezione di silicio si ottiene un transistor.

Per comprendere appieno il funzionamento di un transistor è utile ricordare cosa succede a livello elettronico all’interno di un altro componente elettrico elementare: il diodo.

Nel nostro precedente video sul funzionamento del diodo, avevamo spiegato che il silicio al suo interno viene drogato in modo da ottenere due parti distinte con due diversi livelli di distribuzione di carica, ovvero la giunzione PN. La maggioranza di elettroni in un lato e la maggioranza di lacune disponibili nell’altro, favorisce il naturale spostamento degli elettroni in abbondanza nella parte N verso le lacune disponibili nella parte P.

In questa situazione la zona di confine della parte P viene leggermente caricata negativamente e la zona di confine della parte N viene leggermente caricata positivamente. La conseguente formazione all’interno della zona di svuotamento di un potenziale di barriera, impedisce un ulteriore migrazione di elettroni dalla parte N alla parte P.
Collegando il catodo del diodo al polo positivo e l’anodo del diodo al polo negativo di una batteria, si ottiene una POLARIZZAZIONE INVERSA, ovvero, gli elettroni e le lacune vengono attratti in modo da polarizzare la giunzione P-N in modo da aumentare la zona di svuotamento e di conseguenza opporsi al passaggio di corrente.

Invertendo la connessione dei poli della batteria la polarizzazione è diretta e la regione di svuotamenti si restringe.

Usando una batteria con un voltaggio superiore, in grado di superare il potenziale di barriera, gli elettroni, non incontrando più resistenza, sono in grado di attraversare la barriera e occupare le lacune della parte P. Grazie all’attrazione del polo positivo della batteria, continuano ad occupare le lacune successive e fluiscono così all’esterno del diodo attraverso il circuito elettrico.

Questa condizione è nota come polarizzazione diretta del diodo. La condizione di polarizzazione diretta del diodo ci permette di capire in modo più semplice il principio di funzionamento del transistor.

Notiamo che nel transistor lo strato P è molto più sottile e leggermente drogato ed è compreso tra due strati N più larghi.
Si può affermare che il transistor in questione è formato sostanzialmente dall’unione di due diodi, collegati tra loro schiena a schiena.

Così in qualsiasi modo venga collegata la batteria, uno dei due diodi si troverà sempre nella condizione di POLARIZZAZIONE INVERSA, ovvero aumentando la propria zona di svuotamento bloccherà il flusso di corrente. Bloccando il flusso di corrente il transistor è spento.

Se proviamo a connettere una batteria come mostrato, con una tensione sufficiente a superare il potenziale di barriera, otteniamo un diodo in polarizzazione diretta.
Anche in questo caso una grande quantità di elettroni migrerà dal lato N per andare ad occupare le lacune del lato P.
Proprio come in un diodo gli elettroni, una volta occupate le prime lacune, continueranno ad occupare le lacune successive grazie all’attrazione del polo positivo della batteria, permettendo così il flusso di corrente attraverso il circuito elettrico.

In questo caso però molti più elettroni si muoveranno dalla parte N alla parte P. La parte P si troverà con un eccesso di elettroni, questi, a loro volta verranno attratti dal polo positivo della prima batteria e fluiranno in questa direzione.

Le ristrette dimensioni della parte P assicurano che nessun elettrone in eccesso al suo interno scorra verso il terminale positivo della seconda batteria.

In breve una bassa corrente di base viene amplificata ad una corrente di collettore elevata.
Se si aumenta la corrente di base, la corrente di collettore aumenterà in modo proporzionale, dimostrando così un caso di amplificazione del segnale.

Il tipo di transistor di cui abbiamo parlato finora è chiamato transistor a giunzione bipolare.
Proviamo a sostituire questo transistor con un reale transistor a giunzione bipolare.
È possibile migliorare ulteriormente l’amplificazione del segnale aggiungendo in cascata più di un transistor.

Il terminale base di questo transistor è connesso con il terminale emettitore del primo transistor.
Se si introduce un segnale fluttuante debole come quello che si troverebbe in un microfono, si otterrà un segnale amplificato all’uscita dell’altoparlante.

Un aspetto degno di nota in questi semplici circuiti è dato dal fatto che a seconda del valore di tensione applicato, il transistor può essere acceso o spento. In questa condizione, il transistor funge da interruttore.

Questa proprietà del transistor è molto sfruttata nel mondo dell’elettronica e della memoria digitale.

Usando due transistor a giunzione bipolare è possibile costruire una semplice memoria dinamica di un computer o un circuito sequenziale.