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Tunnel della Manica | L’incredibile ingegneria che lo ha reso possibile

Tunnel della Manica | L’incredibile ingegneria che lo ha reso possibile
Attraversare il tempestoso Canale della Manica tramite un tunnel sotterraneo è stato uno dei più grandi sogni ingegneristici dell’umanità. Questo sogno è stato realizzato nel 1990, dopo un’enorme opera di scavo in galleria e sofisticati lavori ferroviari. Tuttavia, questo semplice metodo del treno in galleria presenta un grosso problema tecnico. Riesci a individuarlo?
Per capirlo, consideriamo un esempio: dopo aver spinto il treno per una certa distanza, il ragazzo fa fatica a spingerlo ancora. La molla compressa si oppone al movimento del treno. La soluzione? Rimuovere una porzione della molla e incollarla di nuovo magicamente: ora può spingere di nuovo il treno.
Analogamente, quando un treno ad alta velocità attraversa una galleria, l’aria davanti al treno si comprime e genera un’elevata resistenza al moto. Il movimento del treno sarebbe estremamente difficile se quest’aria compressa non venisse gestita. La soluzione, simile alla rimozione della parte compressa della molla, è rimuovere quest’aria: la chiave risiede in 194 condotti di sfogo dell’effetto pistone.
Asportare grandi quantità di terreno sotto il fondale marino e collegare il Regno Unito con la Francia potrebbe sembrare un progetto semplice. Ma per capirne la realtà, bisogna osservare una sezione del terreno. E se la galleria crollasse a causa dell’immensa pressione dell’acqua? Inoltre, l’acqua potrebbe infiltrarsi attraverso strati fratturati. Dopo un dettagliato studio geologico, gli ingegneri decisero di scavare nella marna cretacea, la cosiddetta Chalk Marl, ideale per la sua bassa permeabilità e stabilità.
Questi diagrammi dettagliati dei diversi strati di terreno sotto il fondale non erano disponibili prima della metà degli anni Cinquanta. Per comprenderne la natura, gli ingegneri dovettero eseguire centinaia di sondaggi a carotaggio e condurre estese indagini geofisiche dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta.
Curiosamente, Napoleone Bonaparte aveva già concepito un piano per costruire un tunnel che collegasse la Francia all’Inghilterra. L’idea gli fu presentata formalmente nel 1802, durante un breve periodo di pace tra Gran Bretagna e Francia: un tunnel per carrozze trainate da cavalli, illuminato da lampade a olio. Purtroppo, la guerra riprese l’anno seguente e il progetto fu abbandonato.
È ora di presentare un “bruco” robotico: la fresa meccanica a piena sezione, la TBM (Tunnel Boring Machine). Vediamo perché viene chiamata “bruco”. La testa rotante della macchina è dotata di robusti utensili di taglio e di aperture attraverso cui passa il materiale scavato. I pistoni idraulici la premono con forza contro il terreno, la testa ruota, frantuma la roccia e il materiale, convogliato da una coclea, viene evacuato. Frantumazione, spinta ed evacuazione avvengono simultaneamente. A ogni corsa completata, la TBM monta conci prefabbricati in calcestruzzo e si ancora a essi per continuare l’avanzamento. Il suo movimento somiglia davvero a quello di un bruco.
Queste gigantesche macchine non potevano essere trasportate assemblate: furono inviate in pezzi e montate in sito, nei cantieri di Shakespeare Cliff, vicino a Dover, e a Sangatte in Francia. Le camere di lancio, immense cavità sotterranee o aree di scavo a cielo aperto, ospitarono il montaggio. Squadre di ingegneri e tecnici lavorarono per settimane, fino ad avere macchine collaudate e pronte a scavare, avanzando centimetro dopo centimetro sotto il Canale della Manica.
Il progetto richiese tre gallerie: due principali e una di servizio. Tra le principali furono inseriti i condotti di sfogo dell’effetto pistone e passaggi trasversali per consentire l’accesso dalla galleria di servizio.
La scoperta della marna cretacea continua fu un sollievo, ma la precisione era essenziale: le TBM dovevano incontrarsi al centro senza errori.
Per capirlo, consideriamo un esempio: dopo aver spinto il treno per una certa distanza, il ragazzo fa fatica a spingerlo ancora. La molla compressa si oppone al movimento del treno. La soluzione? Rimuovere una porzione della molla e incollarla di nuovo magicamente: ora può spingere di nuovo il treno.
Analogamente, quando un treno ad alta velocità attraversa una galleria, l’aria davanti al treno si comprime e genera un’elevata resistenza al moto. Il movimento del treno sarebbe estremamente difficile se quest’aria compressa non venisse gestita. La soluzione, simile alla rimozione della parte compressa della molla, è rimuovere quest’aria: la chiave risiede in 194 condotti di sfogo dell’effetto pistone.
Asportare grandi quantità di terreno sotto il fondale marino e collegare il Regno Unito con la Francia potrebbe sembrare un progetto semplice. Ma per capirne la realtà, bisogna osservare una sezione del terreno. E se la galleria crollasse a causa dell’immensa pressione dell’acqua? Inoltre, l’acqua potrebbe infiltrarsi attraverso strati fratturati. Dopo un dettagliato studio geologico, gli ingegneri decisero di scavare nella marna cretacea, la cosiddetta Chalk Marl, ideale per la sua bassa permeabilità e stabilità.
Questi diagrammi dettagliati dei diversi strati di terreno sotto il fondale non erano disponibili prima della metà degli anni Cinquanta. Per comprenderne la natura, gli ingegneri dovettero eseguire centinaia di sondaggi a carotaggio e condurre estese indagini geofisiche dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta.
Curiosamente, Napoleone Bonaparte aveva già concepito un piano per costruire un tunnel che collegasse la Francia all’Inghilterra. L’idea gli fu presentata formalmente nel 1802, durante un breve periodo di pace tra Gran Bretagna e Francia: un tunnel per carrozze trainate da cavalli, illuminato da lampade a olio. Purtroppo, la guerra riprese l’anno seguente e il progetto fu abbandonato.
È ora di presentare un “bruco” robotico: la fresa meccanica a piena sezione, la TBM (Tunnel Boring Machine). Vediamo perché viene chiamata “bruco”. La testa rotante della macchina è dotata di robusti utensili di taglio e di aperture attraverso cui passa il materiale scavato. I pistoni idraulici la premono con forza contro il terreno, la testa ruota, frantuma la roccia e il materiale, convogliato da una coclea, viene evacuato. Frantumazione, spinta ed evacuazione avvengono simultaneamente. A ogni corsa completata, la TBM monta conci prefabbricati in calcestruzzo e si ancora a essi per continuare l’avanzamento. Il suo movimento somiglia davvero a quello di un bruco.
Queste gigantesche macchine non potevano essere trasportate assemblate: furono inviate in pezzi e montate in sito, nei cantieri di Shakespeare Cliff, vicino a Dover, e a Sangatte in Francia. Le camere di lancio, immense cavità sotterranee o aree di scavo a cielo aperto, ospitarono il montaggio. Squadre di ingegneri e tecnici lavorarono per settimane, fino ad avere macchine collaudate e pronte a scavare, avanzando centimetro dopo centimetro sotto il Canale della Manica.
Il progetto richiese tre gallerie: due principali e una di servizio. Tra le principali furono inseriti i condotti di sfogo dell’effetto pistone e passaggi trasversali per consentire l’accesso dalla galleria di servizio.
La scoperta della marna cretacea continua fu un sollievo, ma la precisione era essenziale: le TBM dovevano incontrarsi al centro senza errori.
Non esistendo GPS a quella profondità, fu necessario stabilire un asse di galleria con coordinate note, ricorrendo a tecniche topografiche raffinate e a un sistema di guida laser.
Il compito topografico primario fu creare un unico sistema di riferimento che collegasse le coste britannica e francese. Prima di iniziare gli scavi, i topografi dovevano conoscere con precisione la relazione tridimensionale tra Folkestone e Sangatte. Dalle scogliere di Dover si puntò la triangolazione verso Calais, ma la distanza era troppo grande. Fu quindi necessario impiegare strumenti EDM ad alta precisione, capaci di misurare distanze millimetriche tramite fasci luminosi o microonde. L’arrivo del GPS aiutò a confermare le misure di superficie.
Trasferire queste coordinate al fondale richiese la tecnica della “piombatura dei pozzi”, utilizzando strumenti ottici e laser capaci di trasferire con precisione il rilievo dalla superficie al fondo. Una volta ottenute le coordinate, gli ingegneri tracciarono l’asse di galleria, che la TBM avrebbe dovuto seguire scrupolosamente. Per mantenere la rotta, entrò in gioco il sistema di guida laser: un teodolite montato in galleria proiettava il fascio su un bersaglio fotosensibile posto sulla TBM, correggendo ogni minima deviazione.
Ma la marna non era priva di rischi: le sue fissurazioni potevano provocare crolli e infiltrazioni. Per prevenire incidenti, gli ingegneri adottarono il grouting, iniezioni cementizie che consolidavano il terreno. La galleria di servizio, scavata per prima, permise di realizzare perforazioni radiali che semplificarono il consolidamento delle gallerie principali.
Grazie a queste soluzioni, le TBM proseguirono regolarmente. Ma quando erano a soli 100 metri l’una dall’altra, si fermarono. Solo una avanzò: era la tecnica del soft-docking, che riduceva i rischi di disallineamento. Il 30 ottobre 1990 fu perforata una sonda di 5 cm che dimostrò la precisione degli allineamenti. Successivamente, una piccola galleria pilota consentì la memorabile stretta di mano del 1º dicembre 1990, primo contatto fisico tra Europa e Gran Bretagna dopo millenni. Infine, la TBM francese completò lo scavo della galleria di servizio.
Il tunnel, lungo 50,5 km, fu progettato con due interconnessioni che lo dividevano in sei tratte, permettendo deviazioni e manutenzioni senza fermare il servizio. A Shakespeare Cliff furono installati enormi ventilatori assiali che immettono aria fresca nella galleria di servizio, mantenuta a pressione maggiore per impedire la propagazione di fumo e incendi.
In totale furono impiegate undici TBM, cinque dal lato francese e sei da quello inglese. Ne sarebbero bastate sei, ma le diverse condizioni geologiche resero necessario usarne di più. Alcune furono smontate e recuperate, altre sacrificate e sepolte nel terreno.
Le gallerie necessitarono anche di sistemi di raffreddamento: tubazioni trasportavano acqua refrigerata per mantenere la temperatura interna a 25 °C, dissipando il calore generato dall’attrito dei treni.
Infine, immaginiamo un viaggio virtuale nel Tunnel. Dal lato francese, a Coquelles, il treno penetra la marna seguendo un percorso preciso, attraversa i crossovers dopo 12 km e continua nel sottosuolo. Se accade un guasto, veicoli di manutenzione possono accedere dalle gallerie di servizio attraverso i passaggi trasversali, protetti da una pressione maggiore che funge da barriera antincendio ed evacuazione sicura. Dopo l’intervento, il treno riprende la corsa, sbuca a Folkestone nel Kent e raggiunge il terminal britannico, pronto a invertire la marcia e tornare in Francia.
Il compito topografico primario fu creare un unico sistema di riferimento che collegasse le coste britannica e francese. Prima di iniziare gli scavi, i topografi dovevano conoscere con precisione la relazione tridimensionale tra Folkestone e Sangatte. Dalle scogliere di Dover si puntò la triangolazione verso Calais, ma la distanza era troppo grande. Fu quindi necessario impiegare strumenti EDM ad alta precisione, capaci di misurare distanze millimetriche tramite fasci luminosi o microonde. L’arrivo del GPS aiutò a confermare le misure di superficie.
Trasferire queste coordinate al fondale richiese la tecnica della “piombatura dei pozzi”, utilizzando strumenti ottici e laser capaci di trasferire con precisione il rilievo dalla superficie al fondo. Una volta ottenute le coordinate, gli ingegneri tracciarono l’asse di galleria, che la TBM avrebbe dovuto seguire scrupolosamente. Per mantenere la rotta, entrò in gioco il sistema di guida laser: un teodolite montato in galleria proiettava il fascio su un bersaglio fotosensibile posto sulla TBM, correggendo ogni minima deviazione.
Ma la marna non era priva di rischi: le sue fissurazioni potevano provocare crolli e infiltrazioni. Per prevenire incidenti, gli ingegneri adottarono il grouting, iniezioni cementizie che consolidavano il terreno. La galleria di servizio, scavata per prima, permise di realizzare perforazioni radiali che semplificarono il consolidamento delle gallerie principali.
Grazie a queste soluzioni, le TBM proseguirono regolarmente. Ma quando erano a soli 100 metri l’una dall’altra, si fermarono. Solo una avanzò: era la tecnica del soft-docking, che riduceva i rischi di disallineamento. Il 30 ottobre 1990 fu perforata una sonda di 5 cm che dimostrò la precisione degli allineamenti. Successivamente, una piccola galleria pilota consentì la memorabile stretta di mano del 1º dicembre 1990, primo contatto fisico tra Europa e Gran Bretagna dopo millenni. Infine, la TBM francese completò lo scavo della galleria di servizio.
Il tunnel, lungo 50,5 km, fu progettato con due interconnessioni che lo dividevano in sei tratte, permettendo deviazioni e manutenzioni senza fermare il servizio. A Shakespeare Cliff furono installati enormi ventilatori assiali che immettono aria fresca nella galleria di servizio, mantenuta a pressione maggiore per impedire la propagazione di fumo e incendi.
In totale furono impiegate undici TBM, cinque dal lato francese e sei da quello inglese. Ne sarebbero bastate sei, ma le diverse condizioni geologiche resero necessario usarne di più. Alcune furono smontate e recuperate, altre sacrificate e sepolte nel terreno.
Le gallerie necessitarono anche di sistemi di raffreddamento: tubazioni trasportavano acqua refrigerata per mantenere la temperatura interna a 25 °C, dissipando il calore generato dall’attrito dei treni.
Infine, immaginiamo un viaggio virtuale nel Tunnel. Dal lato francese, a Coquelles, il treno penetra la marna seguendo un percorso preciso, attraversa i crossovers dopo 12 km e continua nel sottosuolo. Se accade un guasto, veicoli di manutenzione possono accedere dalle gallerie di servizio attraverso i passaggi trasversali, protetti da una pressione maggiore che funge da barriera antincendio ed evacuazione sicura. Dopo l’intervento, il treno riprende la corsa, sbuca a Folkestone nel Kent e raggiunge il terminal britannico, pronto a invertire la marcia e tornare in Francia.